Una delle innovazioni più significative introdotte dal D.Lgs. 27 ottobre 2009, n. 150 (c.d. decreto Brunetta, “Attuazione della legge 4 marzo 2009, n. 15, in materia di ottimizzazione della produttività del lavoro pubblico e di efficienza e trasparenza delle pubbliche amministrazioni”) è costituita dalla nuova normativa delle sanzioni disciplinari e responsabilità dei dipendenti pubblici (artt. 67-73), con la quale il legislatore, modificando il D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165 (c.d. Testo Unico sul pubblico impiego), ha inteso potenziare il livello di efficienza degli uffici pubblici, nonché contrastare i fenomeni di scarsa produttività ed assenteismo (artt. 55 e 55-bis, ter, quater, quinquies, sexies, septies e octies, D.Lgs. n. 165/2001, e successive modifiche ed integrazioni; Pres. Cons. Min. – Dip. Funz. Pub. Circ. 27 novembre 2009, n. 9).
A tale fine, le disposizioni sulla responsabilità disciplinare di cui all’art. 55 e fino all’art. 55-octies (nuovo testo D.Lgs. n. 165/2001) costituiscono norme imperative, che non possono essere modificate dai contratti (collettivi ed individuali) di lavoro, ai sensi e per gli effetti (art. 55, co. 1, D.Lgs. n. 165/2001, come modificato dall’art. 68, co. 1, D.Lgs. n. 150/2009)
– dell’art. 1339 cod.civ. (che prevede la sostituzione automatica delle clausole nulle con quelle delle disposizioni imperative violate);
– dell’art. 1419, co. 2, cod.civ. (che prevede la nullità parziale delle clausole, che violano le norme imperative, le quali sono sostituite da queste ultime, con salvezza dell’intero contratto).
Il meccanismo civilistico dell’eterointegrazione contrattuale di cui alle succitate norme codicistiche rafforza il carattere perentorio della fonte legale e la sua inderogabilità da parte della fonte collettiva, consolidando un principio basilare della nuova disciplina, già enunciato dall’art. 2., co. 2 del rinnovato T. U. 165/2001.
Ne è testimonianza l’art. 40, co. 1, secondo periodo, del rinnovato D. Lgs. 165/2001, a norma del quale: “nelle materie relative alle sanzioni disciplinari […] la contrattazione collettiva e’ consentita negli esclusivi limiti previsti dalle norme di legge”. La contrattazione collettiva può pertanto “disciplinare la materia nei limiti di quanto consentito dalla legge e negli ambiti non riservati alla legge stessa”.
Lo spazio riservato al legislatore appare, peraltro, assai ampio. Infatti, diversamente dalla normativa del settore privato , le disposizioni in tema di procedimento disciplinare, contenute nel c.d. decreto Brunetta, contengono, una capillare regolamentazione ex lege del procedimento disciplinare in parallelo con una compressione delle funzioni svolte dalla contrattazione collettiva.
Di conseguenza, dall’art. 40, co.1, DLgs. n. 165/2001, discende che :
– i c.c.n.l. possono disciplinare solo gli aspetti che la legge demanda espressamente alla fonte negoziale. In particolare, la legge rinvia ai c.c.n.l.: per la definizione delle infrazioni e delle relative sanzioni (salvo, quanto previsto dall’art. 55 e segg., D.Lgs. n. 165/2001)[12]; per la sanzione del rimprovero verbale (art. 55 –bis, co.1); e nel caso di illecito disciplinare per mancato esercizio o decadenza dell’azione disciplinare. Detto illecito, comporta a carico dei soggetti responsabili dell’azione disciplinare privi di qualifica dirigenziale, l’applicazione della sanzione disciplinare della sospensione dal servizio con privazione della retribuzione “ove non diversamente stabilito dal contratto collettivo” (art. 55 sexies, co.3, ult. periodo);
– sono procrastinate, seppur in via transitoria, le disposizioni dei c.c.n.l. concernenti materie sulle quali la fonte negoziale non è più competente, ma che non riguardano aspetti disciplinati dal D.Lgs. n. 150/2001
– se, prima del 15 novembre 2009 (data di entrata in vigore del D.Lgs. n. 150/2009), la procedura disciplinare risulta sospesa a causa della pendenza di un procedimento penale, “la sospensione e la successiva riattivazione del procedimento disciplinare restano regolate dalla disciplina previgente”.