Di regola l’ufficiale giudiziario è tenuto a consegnare copia conforme dell’atto da notificare direttamente nelle mani proprie del destinatario.
Tuttavia, nel caso si verifichi l’ ipotesi in cui non sia possibile la consegna al destinatario, il codice di procedura civile ha elaborato una soluzione funzionale dettando una successione preferenziale delle persone alle quali potrà essere consegnata copia dell’atto da notificare (una persona di famiglia o addetta alla casa, all’ufficio o all’azienda, sempre che non minore di anni quattordici o non palesemente incapace, in mancanza, il portiere dello stabile dove si trova l’abitazione e, sussidiariamente, un vicino di casa).
Quando persone “consegnatarie” sono il portiere o il vicino di casa, l’art. 139 c.p.c. impone che gli stessi debbano sottoscrivere una ricevuta ( per una maggiore tutela della privacy l’art. 174, comma terzo, del d. lgs. 196/03 ha, infatti, sostituito al quarto comma dell’art. 139 c.p.c. la parola “l’originale” con l’attuale “una ricevuta”), indi l’ufficiale giudiziario deve dare comunicazione al destinatario dell’avvenuta notificazione inviandogli una raccomandata.
Tale successione è vincolante e tassativa, pertanto deve essere rispettato l’ordine di ricerca delle persone abilitate a ricevere l’atto e il passaggio da una categoria all’altra è ammesso solo qualora risulti documentata l’assenza, l’incapacità o il rifiuto delle persone che si trovano in posizione di precedenza; dunque, in caso di notifica nelle mani del portiere , l’ufficiale notificante deve dare atto, non solo dell’inutile tentativo di consegna a mani proprie per l’assenza del destinatario, ma anche delle vane ricerche delle altre persone preferenzialmente abilitate a ricevere l’atto: l’inosservanza dell’ordine della ricerca, come la mancata attestazione del suo rispetto, comportano la nullità della notifica.
L’attestazione del mancato rinvenimento delle persone indicate al secondo comma dell’art.139 c.p.c. non richiede necessariamente l’utilizzo di formule sacramentali da parte dell’ufficiale giudiziario, potendo avvenire solo con la crocettatura delle apposite caselle nel relativo modulo (in caso di notifica a mezzo posta) , ed essendo anche sufficiente che le parole usate dall’incaricato nella relata di notifica, di cui è possibile vedere un esempio in questo fac simile di relata di notifica su Dirittofacile.net, abbiano lasciato intendere il mancato rinvenimento nel luogo della notifica di ogni altro soggetto autorizzato, in via preferenziale, a ricevere l’atto.
Ne consegue che, quando le parole usate dall’incaricato della notifica indichino, nel loro complessivo significato, la vana ricerca, nel luogo della notifica, del destinatario dell’atto e di ogni altra persona idonea ai sensi del comma 2 dell’articolo citato, la notificazione, malgrado l’imprecisione lessicale, deve ritenersi validamente eseguita con la consegna della copia nelle mani del portiere.
Resta fermo che l’ufficiale giudiziario che effettui la notificazione nelle mani del portiere non può limitarsi ad attestare la precaria assenza dell’intimato, ma deve certificare anche l’ attività di ricerca e il mancato rinvenimento delle persone preferenzialmente abilitate a ricevere l’atto.
Ebbene, nel caso oggetto in oggetto, la notificazione veniva effettuata a mani del portiere e, dall’esame degli avvisi di ricevimento, risultava evidente che l’incaricato si era limitato solo a dare atto della precaria assenza del destinatario, senza indicare in alcun modo l’avvenuto previo inutile tentativo di consegna dell’atto a mani delle persone indicate in ordine di preferenza tra loro rispetto al portiere. Di conseguenza la Cassazione, investita della questione, ribadiva la nullità di siffatta notificazione.
Altra importante questione che emerge dall’esame della ordinanza in oggetto riguarda il momento di perfezionamento della notificazione.
L’attuale contesto normativo individua due differenti termini cui fare decorrere gli effetti della notificazione: per il notificante la notifica si perfeziona al momento della consegna del plico all’ufficiale giudiziario, mentre per il destinatario il momento di perfezionamento si verifica quando lo stesso ha la legale conoscenza dell’atto.
Invero, la Corte Costituzionale con sentenza n. 477/2002 (e, successivamente, con sentenza n. 28/2004) dichiarava costituzionalmente illegittimo il combinato disposto dell’art. 149 c.p.c. e dell’art. 4 comma 3 l. 20 novembre 1982 n. 890, nella parte in cui prevedeva che la notificazione si perfezionava, per il notificante, alla data di ricezione dell’atto da parte del destinatario anziché a quella, antecedente, di consegna dell’atto all’ufficiale giudiziario.
La Corte Costituzionale reputava, infatti, ingiusto e irragionevole far subire gli effetti di una decadenza al notificante quando il ritardo nel compimento di una attività dipendeva da un soggetto diverso dallo stesso (l’ufficiale giudiziario e l’agente postale come ausiliario di questo), e pertanto la mancanza era del tutto estranea alla sfera di disponibilità del primo.
Gli effetti della notificazione a mezzo posta devono, dunque, essere ricollegati, per quanto riguarda il notificante, al solo compimento delle attività a lui direttamente imposte dalla legge, ossia alla consegna dell’atto da notificare all’ufficiale giudiziario; restando naturalmente fermo, per il destinatario, il principio del perfezionamento della notificazione solo alla data di ricezione dell’atto, attestata dall’avviso di ricevimento, con la conseguente decorrenza da quella stessa data di qualsiasi termine imposto al destinatario medesimo.
Con tale decisione la Corte affermava il principio di diritto secondo cui viola gli artt. 3 e 24 Cost. una norma che colleghi un effetto di decadenza non ad una inerzia o ad un difetto di negligenza della parte notificante ma ad un ritardo o disservizio imputabile a soggetti diversi.
Tale principio è stato positivamente recepito dalla legge n. 263/05 che ha inserito un nuovo comma terzo all’art. 149 c.p.c. in merito alle notificazioni a mezzo del servizio postale, e ha carattere generale per cui trova applicazione in tutto il settore delle notificazioni degli atti nel processo civile.
La Corte Suprema ha infatti affermato che, per effetto delle sentenze della Corte Cost. n. 69 del 1994, n. 358 del 1996, n. 477 del 2002 e n. 28 del 2004, risulta ormai acquisito dall’ordinamento il principio secondo il quale – relativamente alla funzione che sul piano processuale la notificazione è destinata a svolgere- il momento in cui la notifica si deve considerare perfezionata per il notificante deve distinguersi da quello in cui essa si perfeziona per il destinatario. La regola generale della distinzione dei due momenti va desunta da quella espressamente prevista dall’art. 149 c.p.c. per la notificazione a mezzo posta e, conseguentemente, applicata anche alla notificazione eseguita direttamente dall’ufficiale giudiziario, in modo che anche questa notifica si perfeziona, per il notificante, al momento della consegna dell’atto all’ufficiale giudiziario.
Risulta essere necessario, comunque, tenere presente che il principio sopra esposto trova applicazione soltanto con riferimento ai termini già pendenti al momento della notificazione (ad esempio, il termine per impugnare) mentre, invece, non può trovare applicazione con riferimento ai termini processuali non ancora pendenti al momento della notificazione, e che iniziano a decorrere proprio da tale atto (ad esempio, il termine per il deposito del ricorso o il termine per l’iscrizione a ruolo). In questi ultimi casi, pertanto, il termine processuale inizia a decorrere non già dalla consegna dell’atto all’ufficiale giudiziario, ma dal perfezionamento dell’intero procedimento notificatorio.